09 ottobre 2007

L'antipolitica non esiste.

il manifesto 7.10.2007

Mettiamolo subito in chiaro: la cosiddetta antipolitica non esiste. Quella che chiamano antipolitica è solo politica che si esprime in forme e luoghi non convenzionali, con contenuti talora altri rispetto alla politica abituale, talora affini. Per questa ragione, è insensato farne di tutt’erba un fascio, lodarla in nome della presa di parola dal basso e della partecipazione popolare, o condannarla come eversione potenziale o in atto. Dipende. Dopo tutto, il compito della politica è distinguere. Se un Beppe Grillo denuncia i monopoli e le multinazionali e cerca alternative ai consumi, è una cosa; se inneggia ai “sacri confini” della patria violati dall’ondata di rumeni e di Rom, è un’altra. Se parla sul blog o in piazza, è una cosa; se interviene al raduno politico del partito di Di Pietro, è un’altra. Ed è una cosa se se la piglia col vertice della Rai, un’altra se attacca i sostegni pubblici alla stampa indipendente (in modo da lasciare campo libero agli odiati monopoli). Se Sergio Rizzo e Gianantonio Stella denunciano i privilegi, le corruzioni, i costi della “casta,” ci rendono un servizio importante; ma se poi tutto finisce in uno stesso calderone moralistico e indistinto, finisce per essere più che altro una conferma del vecchio “piove governo ladro” e per fornire ai ladri e ai corrotti il bell’alibi del “così fan tutti.”
Il bollino nero dell’antipolitica, l’anatema della “piazza”, oggi serve a squalificare tutto quello che si svolge fuori delle sedi deputate – il parlamento, Porta a Porta, le pagine dei giornali autorizzati. Così, la “piazza” che rumoreggia inneggiando al linciaggio del rom di Ascoli Piceno o dell’indiziato di turno a Garlasco autorizza a bollare come indebita e “barbarica” una magari controversa e discutibile ma certo non violenta e non eversiva trasmissione televisiva come quella di Santoro sulla giustizia; e a paventare pericoli non solo per il governo ma per la democrazia stessa dalla manifestazione del 20 ottobre o persino da un normale esercizio di democrazia come il referendum sindacale sul protocollo del welfare, e non parliamo nemmeno dell’opposizione popolare alla TAV e alla base americana di Vicenza (salvo poi arrendersi immediatamente e rinunciare ai suoi programmi e ai suoi principi davanti a una “piazza” chiamata Family Day). Il risultato di tutto questo, naturalmente, è proprio di confermare quello che alimenta la rabbia indistinta della cosiddetta “antipolitica”: la percezione di una chiusura, di un rifiuto di ascolto, di una separazione ribadita fra la politica istituzionale e i suoi addetti ai lavori, e il resto dei cittadini. E quindi di alimentare, in questa confusa agitazione, precisamente il peggio.
Tutte le domeniche allo stadio l’altoparlante ripete che sono vietate espressioni riconducibili a propaganda politica. Ecco, secondo me l’antipolitica è questa: una politica che siccome non ha il coraggio di distinguere le manifestazioni di propaganda fascista e chiamarle col proprio nome, finisce per vietare tutto, e per scoprire poi che dentro e intorno allo stadio sono rimasti a muoversi e a parlare proprio solo i fascisti. Mi pare una metafora di tendenze più generali. Una politica che considera nemico o sospetto chiunque parli fuori di sé finisce per lasciare la voce solo agli umori peggiori – alle grida di pena di morte, di Rom in galera, di sacri confini, di “tutti ladri e tutti corrotti” che non è antipolitica ma solo quello che di peggio la politica ha prodotto nel corso della nostra storia.

3 Comments:

Blogger diego said...

Caro Sandro,
da questo paese dove l’esercito federale spara sulla polizia locale per liberare i narcos internazionali (che e' il messico) vi guardo attento.
A me beppe grillo mi ha sempre fatto ridere. Gioca con il paradosso, tormenta la contraddizione: insomma fa il suo mestiere di comico e gli riesce bene. Ora e’ innegabile che i suoi appelli si articolino anche in un progetto politico: il messaggio e’ grezzo, ma il contenuto sociale e’ chiaro e distinguibile. Addirittura coerente, anche quando non condivisibile. Sono i politici che per atrofizazione comunicativa non esprimono piu' contenuti aderenti alla realta'. Inoltre di fronte alla critica, si tappano le orecchie, battono i piedi e agitano lo spauracchio dell'antipolitica come prodromo della barbarie.
Vabbe’, ma non e’ questo il punto. Ho un problema, leggo i trafiletti di Repubblica sui candidati alla presidenza del Partito Democratico che fanno la campagna per le primarie:
Primo: non capisco perché gawronsky e letta non vanno a fare le primarie a casa loro.

Secondo: il rappresentante dei giovani che si rincoglioniscono con il computer ha trai suoi idoli aldo moro, non e' troppo fuori moda?

Terzo: io mi trovo piu’ d’accordo con rosy bindi che con veltroni.
So’ io o e’ lui?

Besos
diego
PS
inoltre vedo che non ti passa il brutto vizio della lazio

7:52 AM  
Blogger cosmopolitica said...

Caro Sandro, condivido i punti da te sollevati. Tuttavia credo che sia molto difficile, nella generale opera di mistificazione attuata dai gionali e dalla televisione, assumere una linea coerente di analisi senza ricadere nelle trappole di chi detiene l'ordine del discorso. E purtroppo l'ordine del discorso della politica è assai lontano da quello delle persone comuni, di chi vive quotidianamente non tanto il degrado morale di questo paese (credo che ciascun periodo storico abbia avuto la sua forma di fascismo e di barbarie più o meno orrenda), quanto la sua profonda falsa coscienza, a partire da quella generazione di ottuagenari conservatori, paternalisti e sessisti che siedono in Parlamento. Peccato che la generazione dei "giovani" sia oggi così poco convinta di cambiare il mondo in Italia e sia così rinunciataria. Forse ci siamo tutti venduti per un piatto di lenticchie.
Quanto al family day: mai vista una manifestazione più aggressiva di così con i suoi "valori" incontestabili, altro che scontri di piazza.

6:21 PM  
Blogger sale said...


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1:23 PM  

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