09 agosto 2013

La festa per Priebke

Il manifesto 30.7.2013 Normalmente, quando una persona compie cento anni è sempre un segno positivo per le possibilità umane – anche se è una persona per cui non hai nessun motivo di rispetto, che si porta addosso la responsabilità di avere contribuito a spezzare centinaia di altre vite molto più giovani, e continua a considerarsi vittima e perseguitato e a non capire perché ce l’hanno con lui. Sono fatti suoi e se lui è contento, nei limiti dei benevoli arresti domiciliari a cui è soggetto, faccia pure. Noi siamo altrove. Ma non credo che i suoi camerati rendano un buon servizio a Erich Priebke continuando a farne la pubblica icona di un immarcescibile ideologia nazifascista, insistendo per trasformare questa privata tappa biografica in un momento di pubblica celebrazione. A quel punto la cosa torna a riguardarci, e diventa un’altra tessera in un mosaico di piccole e grandi schifezze che ammorbano l’aria che si respira in questo paese. E’ ormai un quarto di secolo che in questo paese si combatte una battaglia di conoscenza e di verità sulla memoria e il significato degli eventi di cui Priebke è stato protagonista, e di tutto quello che rappresentano per l’identità del nostro paese e di quel che resta della nostra democrazia. Per questo, dire a Priebke, ai suoi camerati e chi lo gestisce, che se vogliono brindare lo facciano nel chiuso del domicilio al quale è obbligato non rappresenta un accanimento nella vendetta; è, semmai, una difesa contro l’accanimento revisionista da cui siamo circondati e aggrediti. La pretesa festa pubblica per Priebke viene sulla scia delle irresponsabili frasi di Pippo Baudo (ma guarda con chi ci tocca discutere!) su via Rasella, che con la sua proterva ignoranza ha fatto più danno in dieci minuti di televisione di quanto decenni di libri, di teatro e di musica non possano compensare. Viene poche settimane dopo il convegno sul “nostro concittadino Graziani”che ha radunato attorno al vergognoso mausoleo di Affile fior di fascisti (tra cui alcuni che conosciamo fin dai tempi di piazza Fontana, la cui presenza infatti era prevista, stando ai giornali, anche alla festa per Priebke) senza che i media e le istituzioni battessero ciglio. Viene nel tempo delle banane alla ministro Kyenge, delle calcolate idiozie razziste di Calderoli di cui nessuno parla neanche più e lui resta tranquillo al suo posto, rappresentante istituzionale di un senso comune razzista e sessista che, come è emerso da un caso recente in Veneto e dai suoi strascichi, avvelena anche frammenti di sinistra. E’ una fatica immensa e frustrante cercare di fermarlo, ripetere ogni volta le stesse cose, sentire di aver parlato al vento e trovarsi ogni volta davanti agli stessi insulti alla verità storica e alla dignità umana. Ma per fortuna siamo ostinati.

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