Ad Affile, fiaccole contro il monumento a Graziani
il manifesto 13.11.2012
La strade del borgo di Affile sono strette, perciò la silenziosa fiaccolata sembra forse più lunga di quello che è veramente. Ma siamo qualche centinaio, saliti fin quassù per dire il nostro dissenso all’esecrabile mausoleo in onore del massacratore Rodolfo Graziani eretto per volontà dell’amministrazione locale, col consenso di tutte le istituzioni regionali, statali e religiose, e col silenzio annoiato dei media e del governo; e per esprimere col nostro silenzio il rispetto e l’omaggio per le vittime del colonialismo italiano e del fascismo repubblichino. Dai lati della strada, sugli angoli in salita delle traverse o dai balconi, ci guardano sfilare, silenziosi anche loro. Una signora anziana da un balcone mi chiede che cos’è questo corteo, glielo dico, lei fa un gesto come per dire che non gliene importa niente. In mezzo a noi ci sono quattro carabinieri; facendo finta di credere che sono lì per manifestare anche loro gli dico, “Sono contento che ci siate anche voi. Graziani e i suoi complici hanno fatto deportare settecento carabinieri e non si sa quanti ne sono tornati vivi”. Prendono atto senza scomporsi. Altri mi diranno più tardi che qualcuno, anche persone anziane, ha espresso consenso e ringraziamento. Verso la fine, in piazza, quando il silenzio finisce canto di Bella Ciao, un ragazzino dietro le spalle di altri al margine della piazza, soffia dentro un fischietto. Ma per il resto, lontananza e sguardi muti.
Molti di noi vengono da fuori: c’è un pullman dell’ANPI provinciale e ci sono tutte le sezioni ANPI dei paesi vicini; c’è il Circolo Gianni Bosio, un gruppo di compagni di Rifondazione, persino una piccola rappresentanza della Lega di Cultura di Piadena (dove sono riusciti a far ricoprire un fascio littorio misteriosamente spuntato e accuratamente restaurato sulla facciata del comune di Voltido); c’è un gruppo di ragazzi e ragazze africane, il deputato PD Jean-Léonard Touadi (autore di un’interrogazione parlamentare a cui nessuno risponde), la scrittrice afro-italiana Igiaba Scego. Più tardi, nell’assemblea che chiude la giornata, il rappresentante del comitato antifascista di Affile dirà che siamo ancora troppo pochi, e che è un peccato che siamo quasi tutti venuti da fuori, e delle voci si alzano orgogliose: noi siamo di Affile, e siamo qui. Ed è molto bello importante che il comitato antifascista di Affile sia composto soprattutto di ragazzi giovani: segno che l’antifascismo non è un rottame ideologico di epoche passate, e che forse la tradizione fascista di questi luoghi comincia a sfrangiarsi col passare delle generazioni. Ma certo ci vuole coraggio per dirsi e farsi vedere antifascisti in questi posti dove la cultura nostalgica ha radici solide coltivate anche dal potere democristiano (chi non ricorda il miserabile abbraccio di Giulio Andreotti al criminale di guerra Graziani, proprio qui vicino, sui piani di Arcinazzo?) e perpetuate nel fascismo dichiarato dei ras bel basso Lazio, da Ciarrapico nella vicina Fiuggi all’ineffabile Fiorito di Anagni (e a Bellegra, poco lontano, ha appena aperto un circolo di Forza Nuova). Perciò mi pare importante che siamo usciti da Roma: è stata anche l’idea che nel Lazio sia solo Roma a contare che ha favorito le sconfitte maturate nelle regionali scorse e anche in passato.
Alla sala dove si svolge l’assemblea si scende per gradini tappezzati di manifesti che gridano, “Non in mio nome”. Alle pareti, una dettagliata mostra sui criminali di guerra italiani. Sara Modigliani apre l’assemblea guidando il canto di “Oltre il ponte” di Italo Calvino e Sergio Liberovici, la canzone che trasmette la memoria della resistenza alle ragazze e ai ragazzi che allora non c’erano. Lo storico Alessandro Volterra illustra con dovizia di documenti originali i crimini di Graziani in Libia e anche la sua inadeguatezza militare (alla faccia del “soldato Graziani” di cui favoleggiano i promotori del mausoleo). Igiaba Scego ricorda che quello che è successo ad Affile fa parte di un clima che comprende la strage dei senegalesi di Firenze, le continue violenze e le discriminazioni razziali contro gli immigrati (è di ieri l’irruzione di Forza Nuova in un teatro di Pontedera dove si festeggiava il riconoscimento della cittadinanza italiana a un gruppo di immigrati – in sinista continuità coi raid fascisti recenti nelle scuole romane), ma anche la quotidiana strage di genere che ha preso il sinistro nome di “femminicidio”. Perciò ha ragione Francesco Polcaro, presidente dell’ANPI provinciale romana, quando dice che i ragazzi antifascisti di Affile hanno reso un grandissimo servizio non solo al loro paese, ma all’Italia tutta che di persone come loro ha un gran bisogno in questi tempi cupi.
Alla fine, una proposta di un intervenuto sembra interpretare il consenso di tutti: rovesciamo il clima di Affile, facciamone un polo di cultura democratica, chiamiamo qui Marco Paolini e Ascanio Celestini, Giovanna Marini, i Tetes de Bois, i suonatori del Circolo Bosio… Facciamo vedere, dice Ernesto Nassi dell’ANPI romana, a questi cultori dei sacrari, dei mausolei, della ricerca della buona morte, che gli antifascisti sono gente tosta, sì, ma anche gente felice di vivere.
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