Luoghi comuni ed errori sulle Fosse Ardeatine: una lettera al Corriere della Sera
· Lettera di Alessandro Portelli al Corriere della Sera
Gentile Direttore,
Nello stesso giorno e nella stessa pagina in cui tornava ad avvalorare l’accusa del sangue contro gli ebrei, il Corriere della Sera pubblicava il seguente corsivo di Ernesto Galli della Loggia: “«Lo scopo dell' attentato in via Rasella era in realtà quello di provocare una rappresaglia»: così vede le cose Joachim Staron, autore di Fosse Ardeatine e Marzabotto (a p. 44), appena uscito dal Mulino. Naturalmente ora ci aspettiamo l' indignata risposta da parte dei custodi dell' ortodossia resistenzial-antifascista. Ci aspettiamo di vedere Staron, cultore di storia e filologia a Gottinga, addottorato alla Freie Universität di Berlino, additato come manutengolo dell' anticomunismo viscerale, fautore della riscossa della destra berlusconiana, complice della sua volontà di riabilitare il fascismo e così via, secondo il paradigma inquisitorio tanto spesso adoperato in passato da Nicola Tranfaglia, Mario Pirani e altri paladini della verità storica. O vuoi vedere invece che stavolta ci sarà il silenzio, perché la Germania è troppo distante da Arcore e le accuse suonerebbero un po' troppo ridicole?” Io quel libro l’ho letto, e mi sono soffermato sulle pagine (42-44) a cui fa riferimento lo storico ed editorialista Ernesto Galli della Loggia. Senza indignazione alcuna nei confronti di Joachim Staron, propongo alcune considerazioni professionali.
1.Effettivamente Staron afferma quanto riportato dal professor Galli della Loggia, ma non prova neanche a dimostrarlo. Senza apportare un solo fatto ma ripercorrendo castelli di congetture e illazioni di seconda mano, sostiene che i partigiani avrebbero dovuto sapere che ci sarebbe stata una rappresaglia. Da ciò salta, senza argomentarlo e con un notevole balzo logico, ad affermare che quindi hanno agito con l’intenzione di provocarla.
2. Il libro di Staron è complessivamente dignitoso; ma in questo caso l’addottorato cultore usa fonti poco attendibili, e le usa male. La sua autorità principale è un discutibile libro di Benzoni (che sosteneva la stessa cosa sulla base delle stesse illazioni), a cui non aggiunge niente; per di più, dà addirittura dignità di “studioso” a Pierangelo Maurizio, autore di un pamphlet indegno non perché (legittimamente, ma contrariamente a quello che sembra credere Staron), si tratta di un cronista molto vicino alla destra radicale, ma perché è inattendibile e al di sotto di ogni dignità storiografica. Cosa su cui anche Galli della Loggia credo converrebbe se trovasse il tempo di leggerlo. Ho l’impressione che il dottor Staron non abbia chiara, in questo caso, la natura e la qualità dei suoi rinvii bibliografici italiani.
3. Mi sorprende che, nelle prestigiose università germaniche in cui si è addottorato, nessuno abbia insegnato al dottor Staron che le fonti vanno viste tutte. Staron adduce indizi a sostegno della sua ipotesi, ma si dimentica di menzionare i fatti che la contraddicono: per esempio, il fatto che negli anni ’90 un giudice romano aprì un procedimento contro Bentivegna, Capponi e Balsamo precisamente con l’accusa di avere agito per provocare la rappresaglia e, al termine di indagini approfondite e a largo raggio, dovette concludere che non esisteva uno straccio di fatto a sostegno di questa accusa. Il dottor Staron ha tutto il diritto di ritenere che Pierangelo Maurizio sia più attendibile del tribunale di Roma; ma non nominarlo affatto (magari per confutarlo) significa non aver fatto bene il proprio mestiere.
4. Tanto per capire l’uso delle fonti e delle documentazioni: l’indizio più grave a carico dei partigiani, che Staron cita acriticamente da Benzoni, è avere scelto di agire in quella data “anche perché a Via Tasso e a Regina Coeli in quel momento non c’erano comunisti.” L’addottorato culture di storia, e il professor Galli della Loggia, potrebbero allora spiegarci come mai ci sono quaranta comunisti del Pci fra le persone uccise alle Fosse Ardeatine (in caso di necessità, posso fornire la lista). Anche questo fatto (come la suddetta sentenza) è menzionato in più di una delle pubblicazioni che, stando alle sue note e alla sua bibliografia, il dottor Staron afferma di avere letto.
5. In questi giorni, un giudice romano ha dichiarato che accusare Rosario Bentivegna di essere “il vero autore” della strage delle Fosse Ardeatine non costituisce calunnia. Dalla lettura della sentenza si evince che il giudice non ritiene affatto che l’accusa sia veritiera ma che siccome ci sono da sempre molte polemiche ognuno può dire quello che gli pare. Ferma restando l’autonomia della magistratura, come storici dovremmo esercitare maggior cautela.
Non capisco cosa c’entra Arcore. Letto il libro, libro non penso affatto che il dottor Staron sia un manutengolo dell’anticomunismo viscerale. Penso semplicemente che nelle pagine in questione non abbia fatto bene il proprio mestiere e, nonostante sia tedesco, non possiamo assumere le sue affermazioni a criterio inattaccabile di verità.
Con i migliori ringraziamenti, Alessandro Portelli
Consigliere delegato del Sindaco di Roma per la tutela della memoria storica
Gentile Direttore,
Nello stesso giorno e nella stessa pagina in cui tornava ad avvalorare l’accusa del sangue contro gli ebrei, il Corriere della Sera pubblicava il seguente corsivo di Ernesto Galli della Loggia: “«Lo scopo dell' attentato in via Rasella era in realtà quello di provocare una rappresaglia»: così vede le cose Joachim Staron, autore di Fosse Ardeatine e Marzabotto (a p. 44), appena uscito dal Mulino. Naturalmente ora ci aspettiamo l' indignata risposta da parte dei custodi dell' ortodossia resistenzial-antifascista. Ci aspettiamo di vedere Staron, cultore di storia e filologia a Gottinga, addottorato alla Freie Universität di Berlino, additato come manutengolo dell' anticomunismo viscerale, fautore della riscossa della destra berlusconiana, complice della sua volontà di riabilitare il fascismo e così via, secondo il paradigma inquisitorio tanto spesso adoperato in passato da Nicola Tranfaglia, Mario Pirani e altri paladini della verità storica. O vuoi vedere invece che stavolta ci sarà il silenzio, perché la Germania è troppo distante da Arcore e le accuse suonerebbero un po' troppo ridicole?” Io quel libro l’ho letto, e mi sono soffermato sulle pagine (42-44) a cui fa riferimento lo storico ed editorialista Ernesto Galli della Loggia. Senza indignazione alcuna nei confronti di Joachim Staron, propongo alcune considerazioni professionali.
1.Effettivamente Staron afferma quanto riportato dal professor Galli della Loggia, ma non prova neanche a dimostrarlo. Senza apportare un solo fatto ma ripercorrendo castelli di congetture e illazioni di seconda mano, sostiene che i partigiani avrebbero dovuto sapere che ci sarebbe stata una rappresaglia. Da ciò salta, senza argomentarlo e con un notevole balzo logico, ad affermare che quindi hanno agito con l’intenzione di provocarla.
2. Il libro di Staron è complessivamente dignitoso; ma in questo caso l’addottorato cultore usa fonti poco attendibili, e le usa male. La sua autorità principale è un discutibile libro di Benzoni (che sosteneva la stessa cosa sulla base delle stesse illazioni), a cui non aggiunge niente; per di più, dà addirittura dignità di “studioso” a Pierangelo Maurizio, autore di un pamphlet indegno non perché (legittimamente, ma contrariamente a quello che sembra credere Staron), si tratta di un cronista molto vicino alla destra radicale, ma perché è inattendibile e al di sotto di ogni dignità storiografica. Cosa su cui anche Galli della Loggia credo converrebbe se trovasse il tempo di leggerlo. Ho l’impressione che il dottor Staron non abbia chiara, in questo caso, la natura e la qualità dei suoi rinvii bibliografici italiani.
3. Mi sorprende che, nelle prestigiose università germaniche in cui si è addottorato, nessuno abbia insegnato al dottor Staron che le fonti vanno viste tutte. Staron adduce indizi a sostegno della sua ipotesi, ma si dimentica di menzionare i fatti che la contraddicono: per esempio, il fatto che negli anni ’90 un giudice romano aprì un procedimento contro Bentivegna, Capponi e Balsamo precisamente con l’accusa di avere agito per provocare la rappresaglia e, al termine di indagini approfondite e a largo raggio, dovette concludere che non esisteva uno straccio di fatto a sostegno di questa accusa. Il dottor Staron ha tutto il diritto di ritenere che Pierangelo Maurizio sia più attendibile del tribunale di Roma; ma non nominarlo affatto (magari per confutarlo) significa non aver fatto bene il proprio mestiere.
4. Tanto per capire l’uso delle fonti e delle documentazioni: l’indizio più grave a carico dei partigiani, che Staron cita acriticamente da Benzoni, è avere scelto di agire in quella data “anche perché a Via Tasso e a Regina Coeli in quel momento non c’erano comunisti.” L’addottorato culture di storia, e il professor Galli della Loggia, potrebbero allora spiegarci come mai ci sono quaranta comunisti del Pci fra le persone uccise alle Fosse Ardeatine (in caso di necessità, posso fornire la lista). Anche questo fatto (come la suddetta sentenza) è menzionato in più di una delle pubblicazioni che, stando alle sue note e alla sua bibliografia, il dottor Staron afferma di avere letto.
5. In questi giorni, un giudice romano ha dichiarato che accusare Rosario Bentivegna di essere “il vero autore” della strage delle Fosse Ardeatine non costituisce calunnia. Dalla lettura della sentenza si evince che il giudice non ritiene affatto che l’accusa sia veritiera ma che siccome ci sono da sempre molte polemiche ognuno può dire quello che gli pare. Ferma restando l’autonomia della magistratura, come storici dovremmo esercitare maggior cautela.
Non capisco cosa c’entra Arcore. Letto il libro, libro non penso affatto che il dottor Staron sia un manutengolo dell’anticomunismo viscerale. Penso semplicemente che nelle pagine in questione non abbia fatto bene il proprio mestiere e, nonostante sia tedesco, non possiamo assumere le sue affermazioni a criterio inattaccabile di verità.
Con i migliori ringraziamenti, Alessandro Portelli
Consigliere delegato del Sindaco di Roma per la tutela della memoria storica
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