09 maggio 2006

Viaggio in Comune contro i vuoti di memoria

Alessandro Portelli Storico della memoria, dell'altra America e dell'antifascismo, sarà capolista per il Prc a Roma
Loris Campetti

C'è una frase di Gianni Bosio che Alessandro Portelli ha scelto per spiegare il segno della sua candidatura come capolista (indipendente) per il Prc alle elezioni comunali romane del 28-29 maggio: «Il lavoro culturale è spinto così dalla logica della non integrazione a costruirsi le armi per difendere la possibilità di sopravvivere; il lavoro culturale non può che trasformarsi in lotta politica per propria difesa e perché la lotta politica diventa il livello più alto di ogni lavoro culturale». Questa frase, ci spiega il nostro amico, «esprime bene un'idea che ho in testa da tempo. Ogni volta che qualche studente mi domanda a cosa serva studiare la letteratura, mi chiedo cosa rispondere. Finalmente ho trovato la risposta: non serve a niente. La letteratura, come l'arte, la musica, la cultura sono un fine e non un mezzo». Portelli insegna letteratura americana alla Sapienza e è consigliere delegato del sindaco di Roma per la tutela e la valorizzazione della memoria storica della città. Ha insegnato passione e mestiere a una schiera di giovani ricercatori, Portelli vuol dire momoria orale, antifascismo, ci ha inegnato ad amare «l'altra America». Collabora con il manifesto dal '72.

Tra i tuoi allievi c'è chi si preoccupa per questa candidatura, temendo che il lavoro in comune possa sottrarre tempo al tuo impegno storico-sociale, alla ricerca scientifica: ti chiamano «uomo pedale» e anche «ricercatore scalzo». Hanno paura di perderti.
Quando alla fine ho accettato la proposta dei compagni di Rifondazione ho messo in chiaro che io non cambio vita, se uno sa fare i cento metri non gli puoi far correre i 400. Non smetterò di fare le cose che so fare, al contrario spero che dal consiglio esca qualche strumento in più e briciole di bilancio per continuare il lavoro sulla memoria e mettere insieme progetti con i soggetti di strada che si muovono, con la Casa della memoria, i centri sociali Snia Viscosa, Forte Prenestino, La Strada, con la Scuola popolare di musica di Testaccio, il circolo Gianni Bosio, l'Archivio audiovisivo del movimento operaio. Non rinuncerò alle mie passioni, al manifesto, all'insegnamento, alle cose che mi stanno a cuore.

Nelle tue «inchieste di strada» hai lavorato molto nei quartieri, anche quelli più disagiati. Anche a Roma il degrado si accompagna spesso a uno spostamento a destra, anche estrema, dell'elettorato. Eppure, in molti di quei quartieri romani c'era una forte tradizione antifascista.
Credo che più della pervasività del messaggio revisionista abbia pesato la mancanza di un messaggio alternativo della sinistra che ha via via mollato l'antifascismo. Ha ragione il gappista Rosario Bentivegna quando dice «il partito ha sempre detto la verità (su via Rasella e le Fosse ardeatine, ndr) ma non ha controbattuto le menzogne degli altri». Io so che quando vado nelle scuole a parlare di antifascismo i ragazzi mi stanno a sentire. Dobbiamo avere più coraggio nel sostenere le nostre idee, non si deve chiedere scusa a nessuno ma rivendicare la nostra storia, certo senza l'arroganza di essere i depositari della verità. Per esempio, questa alleanza precaria che ha vinto le elezioni potrebbe trovare un collante proprio nell'antifascismo.

Pensi che le istituzioni, il comune, possano aiutare una battaglia culturale come la intendi tu?
Senza miagolii e deleghe, senza dimenticare il lavoro che dobbiamo fare in strada, le istituzioni devono contribuire a creare un clima migliore. A Roma qualcosa di positivo è stato fatto sulla memoria. Veltroni è un buon sindaco, è uno che ti dà l'impressione che la musica e i libri gli piacciano sul serio. Quando portiamo i ragazzi ad Auschwitz, Veltroni che parla con i ragazzi è autentico. E poi a Roma ci sono esperienze importanti nei quartieri, pensa al lavoro di Sandro Medici a Cinecittà. A Roma si intravede qualche cambiamento, proviamo a farlo anche a livello nazionale.

Ma le periferie restano a rischio e alcuni ceti su cui la sinistra era egemone sono tentati dal populismo di destra.
Ti meravigli? Io mi meraviglio che a Roma il fenomeno sia tutto sommato contenuto. Il giorno in cui la sinistra dice che bisogna stare dalla parte dei ceti emergenti, e sposa l'etica del mercato, e ci fa sapere che la Nato è la nostra salvezza, e giù con la competitività e tutte queste parole che mi danno il voltascomaco, ti chiedi perché nelle borgate la sinistra arretra? Su quel versante lì la destra offre migliori garanzie. Ti sembra normale che nell'Unione ci si debba preoccupare per la critica di Epifani alla legge 30, o di Bertinotti allo strapotere di Mediaset? Ti pare che si debba avere paura di Zapatero, che oltre tutto ha vinto?


da il manifesto, 9 maggio 2006

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