24 aprile 2012

Festa d'aprile. Senza imbucati

il manifesto 24.4.2012 Il comune di Roma sfratta la Fattoria Verde, una delle più originali esperienze ecologiche e terapeutiche, per dare lo spazio a un’associazione di estrema destra senza altri requisiti che quelli clientelari. Tiene da un anno sulla corda la Città del’Altra Economia mentre continua regalare spazi logisitici e politici a Casa Pound.Regione e Comune non si presentano al funerale del partigiano Rosario Bentivegna. E poi Polverini e Alemanno si stupiscono e si lamentano se l’ANPI non li invita alla manifestazione del 25 aprile. La rinnovata associazione partigiana con questa scelta ha stracciato il velo di ipocrisia che copriva le relazioni fra la festa antifascista e le “istituzioni”. Le istituzioni a Roma sono in mano a figure che dell’antifascismo sono storicamente e quotidianamente il contrario. In questo modo, l’ANPI restituisce al 25 aprile tutto il suo valore contestativo, il valore di una festa che da sempre disturba il potere. E dice una cosa fondamentale sul significato della memoria: in una società divisa, la memoria deve restare divisa e in conflitto, non può disciogliersi dietro una concordia fittizia. Chi è in piazza questo 25 aprile a Roma sa – per dirla con i militanti americani di Occupy Wall Street – which side we are on, da che parte stiamo. E la nostra festa ce la riprendiamo. Alemanno e Polverini sono sia il prodotto, sia i responsabili, di un clima in cui chi sta dalla parte dei principi della costituzione e della democrazia viene aggredito e intimidito e fatto tacere Roma, mai pacificata, è diventata un campo di battaglia deturpata da scritte fasciste, altro che Woody Allen. Al liceo Avogadro quattro ragazzini fascisti si permettono di dare sulla voce a un partigiano di 84 anni (ma era già successo,per esempio a Mario Fiorentini a Grottaferraata: un tempo in queste situazioni i fascistelli non venivano o stavano zitti, adesso hanno preso l’iniziativa e aggrediscono convinti dell’impunità. Giorni fa un gruppetto di fascisti della Balduina (un quartiere di grande visibilità fascista, ma dove tutte le strade sono intitolate a vittime delle Fosse Ardeatine) sono andati a intimidire una libreria che aveva organizzato un incontro sulla resistenza (che si è fatto comunque) e a vietargli di volantinare nel quartiere. Allo stadio rigurgitano un’altra volta gli slogan antisemiti. E i responsabili di questo clima pretendono pure di salire sul palco con noi? Grazie, ANPI, per avere fatto chiarezza.

10 aprile 2012

Woody Guthrie, cento anni

Il Giornale della Musica, marzo 2012

Woody Guthrie quest’anno compirebbe cent’anni, ma non li dimostra. Prendiamo una delle sue canzoni meno conosciute, una piccola innocente filastrocca intitolata Jolly Banker – “l’allegro banchiere”: “Quando hai bisogno di soldi e mantieni una famiglia, io ti farò credito perché so che ne hai bisogno” – salvo poi prenderti casa, terra, macchina e tutto, se non ce la fai a ripagarlo. La scrisse durante l’altra grande depressione, ma vale anche per la nostra, per i mutui subprime, per l’1% di allegri banchieri contro cui si mobilita il movimento Occupy. E’ un tema che ritorna spesso in Woody Guthrie: “i miei raccolti stanno rinchiusi nei forzieri delle banche”, dice in un’altra canzone, e “chi lavora è povero, chi specula è ricco”. Fino alla strofa indimenticabile: “Ho girato tutto il mondo, ho visto tante cose e tanta gente strana, ma non ho mai visto un fuorilegge che sfratta una famiglia dalla sua casa”, perché, conclude, “c’è chi ti rapina con la pistola, e chi con la penna stilografica.” Forse oggi avrebbe aggiunto che c’è chi ti rapina con un clic di mouse.
Non è un caso Occupy Wall Street abbia recuperato una quantità di canzoni che appartengono al mondo di Woody Guthrie (da Which Side Are You On a We Shall Overcome), e che il momento più alto di speranza che gli Stati Uniti hanno vissuto negli ultimi anni – l’ingresso di Barack Obama alla Casa Bianca – sia stato segnato dalla memorabile performance di Pete Seeger e Bruce Springsteen che davanti a una folla enorme hanno cantato la grande canzone di Woody Guthrie, This Land Is You Land, questa è la tua terra (“questo è un bellissimo paese”, scriveva ironico Woody Guthrie, “con colline molto collinose e pianure molto pianeggianti; l’unica cosa che non mi va in questo paese sono i suoi padroni”) e l’hanno cantata recuperando strofe censurate e dimenticate di quella che era tanto una canzone d’amore per il proprio paese quanto una canzone di protesta: “C’era un muro che mi sbarrava la strada, e su questo muro c’era scritto proprietà privata”, e poi “ho visto la mia gente in fila davanti alla mense dell’assistenza, e mi sono chiesto se davvero questa terra è stata fatta per me e per te”.
Dicono: sono solo canzonette; è musica “leggera”. Ma se da settanta, ottanta anni c’è chi le canta e ci si ritrova, qualche ragione ci sarà. Una è strettamente musicale: sono canzoni d’uso, canzoni che si possono cantare. La musica popolare è fatta per viaggiare leggera, trasportata solo dalla memoria e dalla voce, magari con una chitarra e un’armonica; mentre sempre di più la popular music si va facendo tecnologica, sperimentale, con apparati sempre più complessi – che è una buonissima cosa, ma poi non ci si può stupire se la gente a casa ascolta Jimi Hendrix e poi in strada (penso a certe manifestazioni sindacali che ho visto negli anni ’80 negli Stati Uniti) canta Union Maid di Woody Guthrie. Che è poi la stessa ragione per cui il nostro “movimento del ‘77” le sue canzoni le inventava sull’aria della Spagnola o di Papaveri e papere, roba dei loro nonni, che non si sarebbero mai sognati di ascoltare.
Un’altra ragione oggi è che Woody Guthrie parla di tempi e di luoghi specifici – gli anni ’30 e ’40, il Sudovest degli Stati Uniti – ma lo fa andando alla radice, all’essenziale delle cose e dei rapporti, a quello che dura. Alla proprietà – come in This Land e nelle canzoni sui banchieri. Alla guerra: e allora, in tempi di guerre del Golfo, Tim Robbins conclude il suo Il protagonisti sulle note di I Want to Know di Woody Guthrie: perché le tue navi da guerra solcano le mie acque, perché porti armi e bombe invece di cibo e vestiti? Alle migrazioni: la sua Deportee l’hanno incisa assolutamente tutti, da Dolly Parton a Bruce Springsteen, e racconta degli stagionali messicani morti nella caduta dell’aereo che li rimpatriava alla forza alla fine dei raccolti: “ sono morti sui nostri colli, sono morti sulle nostre pianure, sono morti nei nostri orti, e non hanno altro nome che ‘deportees’”, stagionali, rimpatriati. Magari oggi ci leggiamo dentro anche cose che vedevamo di meno allora: le sue canzoni sulla Dust Bowl, le tempeste di polvere che mandano in rovina i contadini (svenati, anche qui, dai mutui ipotecari che non possono pagare), sono l’epopea e l’elegia di una grande tragedia umana; ma oggi ci accorgiamo che sono anche un ciclo doloroso di storie su un grande disastro ambientale causato dall’economia.
Woody Guthrie aveva scritto sulla sua chitarra: Questa macchina ammazza i fascisti. Sulla cinepresa di una film maker alternativa del Kentucky ho visto citate le stesse parole: anche quella macchina “ammazza i fascisti”. Questo infine insegna Woody Guthrie: le parole, la musica, le immagini – l’immaginazione, la passione e le idee – sono armi che ci possono salvare, dai fascisti di allora, e dai despoti globali di oggi.

09 aprile 2012

Per Rosario Bentivegna

il nmanifesto 4.4.2012

Era molto difficile non volere bene a Rosario Bentivegna. Le ultime volte che l’ho visto, alle presentazioni del suo libro, mi divertivo a dire che, alla soglia dei 90, Sasa’ Bentivegna aveva ancora vent’anni . E lui faceva l’imbarazzato ma si divertiva a sentirselo dire.
Aveva ancora vent’anni perche’ aveva mantenuto, della sua adolescenza, la pulizia, la fiducia nei principi e negli ideali, e persino l’ingenuita’ e il candore che gli si leggeva nel sorriso.
Ma aveva ancora vent’anni perche’ a quell’eta’ aveva fatto la scelta che ha segnato la sua vita. Quando scoppio’ la Guerra, raccontava, decise di fare il medico, per salvare vite invece di uccidere. Poi gli e’ toccato farlo, una necessita’ imposta da nazisti occupanti e fascisti complici, ma non ha mai fatto delle armi un valore. Una volta gli chiesi se era mai stato alle Fosse Ardeatine e che aveva pensato, e lui mi rispose che era una domanda intrusiva e non gli andava di esibire I suoi sentimenti. Ha fatto due guerre, in Italia e in Jugoslavia, ed era uomo di pace.

E poi, aveva ancora vent’anni perche’ per tutta la vita lo hanno inchiodato a un solo gesto di allora, via Rasella. E lui ostinatamente per tutta la vita ha ribadito le ragioni e il senso di quel gesto, e ha smascherato le falsita’ e le manipolazioni di interessata ignoranza che abbiamo ancora dovuto sopportare di sentire in questi giorni. In momenti diversi della sua vita ha dato risposte diverse alla provocatoria domanda – se te lo avessero chiesto ti saresti presentato? (inutile ridire che ai nazisti non passo’ neanche per la testa di cercare I partigiani, decisero subito il massacro e lo portarono a termine in ventiquattr’ore). Le sue risposte variabili non sono segno di incoerenza, ma del fatto che – sempre fermo nelle sue e nostre ragioni - pure su questa cosa ha continuato a interrogarsi, in silenzio, per tutti questi anni.
Aveva ancora vent’anni, ma il tempo se l’e’ preso. E’ solo il nostro corpo che ci tradisce alla fine, dice Bruce Springsteen. Le cose per cui ha vissuto il nostro compagno Rosario Bentivegna l’antifascismo, ma anche il suo lungo impegno di medico per la salute dei lavoratori – queste cose restano con noi. Non ci resta che dirgli grazie.